giovedì 22 settembre 2011

Oh My Heart (di Super 8, R.E.M. e pesche)


Lo so, non posto da mesi.
No, non è che voglio chiudere il blog. Non è neanche che non ne ho voglia. È che mi sono lasciato trascinare apposta nel gorgo del lavoro. Lavoro. Scrivo per lavoro, che doveva essere solo la mia religione. Spero di non fare la fine di Soren K, JD.

Volevo solo dire tre cose.

Che non mi arrendo. Che non avremo FINE, ma avremo altro. Promesso. Ci sto lavorando. È che sono dannatamente lento. Me lo ha detto ieri anche il mio amico Max. Sono lento, costante e inarrestabile, ma lento.

Che questa cosa di Scream 4 ancora non ho capito come farla ma non mi schiodo dalla mia posizione. Le cose che vogliamo sono quelle sbagliate. E lo confermo dopo aver visto quella schifezza di SUPER 8.
Che non solo è fatto male - ci sono robe telefonate che nemmeno nelle Verità Nascoste. Se ascolti i primi 20 minuti di dialogo capisci tutte le svolte della trama. E non è solo questo. I personaggi sono finti da morire. Dovevano fare un gruppo di ragazzini simpatici e hanno fatto un gruppo di ragazzini simpatici. Ma non sono veri. A parte forse per il regista, quello che "non è ancora magro", quello che sembra JJ e Steven insieme. Quello mi è piaciuto. Ma gli altri, gli altri no. Cioè, sono uscito dal cinema e non riuscivo a ricordarmi il nome di nemmeno uno di loro. Com'è possibile? Sono gusci vuoti, come la storia, sono il fantasma di una cosa che ti sembra di ricordare. Come cercare di riprodurre la Coca Cola senza ricetta.
Per non parlare della trama, che fa acqua da tutte le parti, del montaggio che perde pezzi (come cazzo fanno a uscire dal labirinto sotterraneo, per cominciare?) e di una regia che non ha nulla da dire. Cinque minuti di vagoni ferroviari che esplodono sono la summa del film. Come a dire: è tutto qui, scusateci.
Non è che voglio fare il nostalgico a tutti i costi, e dire che i Goonies erano un'altra cosa. Che Navigator era un'altra cosa, e Stand by Me e persino Explorers. Non è questo il punto. Il punto è che non puoi raccontare la stessa cosa, non puoi fare finta che non sia successo niente nel mentre. Non fatemelo dire, cazzo. Mi sembra di essere Cervantes (magari). Che il romanzo cavalleresco è finito. Morto. E noi siamo dei poveri scemi che vanno a caccia di mulini a vento.

La terza cosa. Che è agghiacciante crescere. Mi spiego. È agghiacciante crescere e scoprire che le cose che temevi sono esattamente come le temevi. Sono gocce, me ne rendo conto, che le cose gravi nella vita sono altro. Però basta. I raccomandati, i ricchi annoiati, i piccoli meschini lavoratori del mio settore - la gente che scrive - sono sempre più tristi. Sono un cuore sempre più debole, polmoni sempre più fiacchi. E così, di recente, lavoro a serie TV che copiano le serie TV americane - nel senso di ricalcare i personaggi proprio. Gente, mi pagano per saccheggiare le serie TV americane. Boris, anyone?
E ci sono i cartoni animati fatti a cazzo di cane e i fumetti sceneggiati nello stesso identico modo di quando non c'era stato il millennium bug, di quando c'erano le torri gemelle, gli americani erano i buoni e Berlusconi era quello che aveva le televisioni e ci stava simpatico perché faceva il Drive in e i comunisti erano solo quella cosa da grandi del collettivo di sinistra che al liceo ci stavano tutte le meglio fighe.
Intendiamoci, non è che io non sia parte del problema e che non ci siano le eccezioni. Nei cartoni animati e nei fumetti e nei libri. Ci sono, ma sono eccezioni. Ecco. Forse è questo che rimpiango, che una volta, quando non ero ancora cresciuto (come il ragazzino di Super 8 non è ancora magro), avevo le illusioni non le eccezioni. E mi piaceva di più.

Basta, la pianto di lamentarmi che se no nemmeno i miei 25 lettori mi conservo. Però scusate, non vi dà fastidio abituarvi alle cose? Non vi si rivolta la calotta cranica a pensare al ragazzino o ragazzina che eravate? A me sì.

Detto questo, c'è che i Pearl Jam compiono 20 anni.
C'è che i R.E.M. si sono sciolti e con questo sono più seri di gente come gli U2 o i Rolling Stones. Perché le cose finiscono, prima o poi. Tutte.
E c'è che questa canzone che hanno fatto è totalmente loro, così vecchio stile da suonare quasi noiosa e falsa. Ma poi non lo è perché pensi che è l'ultima. Come l'ultimo sorso di birra prima di andare a casa, quello che fai fatica ma non vuoi lasciarlo lì. Come l'ultima pagina di un libro che ti è piaciuto, come il primo passo fuori dal letto la mattina, come l'ultimo movimento dentro di lei, dopo che l'amore è già finito, come i titoli di coda della Pixar quando ci mettevano le cose da ridere. Come la pesca che hai lasciato in frigo, ti eri ripromesso di mangiarla e quella ha deciso di marcire. Che stronza.


The kids have a new take
A new take on faith
Pick up the pieces
Get carried away
I came home to city half erased
I came home to face what we faced
This place needs me here to start
This place is the beat of my heart

Oh my heart

Storm didn’t kill me
The government changed
Hear the answer call
Hear the song rearranged
Hear the tress, the ghosts and the buildings sing
With the wisdom to reconcile this thing
It’s sweet and it’s sad and it’s true
How it doesn’t look bitter on you

venerdì 22 aprile 2011

Evolution, baby


Ho visto Scream 4.
Considerato che Scream 2 è stato uno dei miei film preferiti di tutti i tempi, sono di parte. Ma anche chissenefrega.
Scream 4 non è un capolavoro di film. È un film medio. Medio decente.
Eppure ha qualcosa di importantissimo che spedirei un sacco di gente a calci nel culo a vederlo.

*Spoiler alert, parlerò del finale, eh.*



Alla fine è stata la cugina. Era lei ghostface stavolta. Ma non è questo il punto. E nemmeno l'idea geniale (per me) di rifare il primo film senza dirtelo, con le stesse identiche scene. No, per me la cosa geniale, rubata a Californication (episodio 11 della serie 1) va detto, è il perché la cugina lo ha fatto.
Lo ha fatto perché voleva la fama di Sydney/Neve Campbell: che cazzo, pensi che io voglia studiare, faticare e lavorare? dice. Voglio la fama, voglio essere al centro dell'attenzione, voglio i soldi, voglio quello che hai tu e lo voglio ADESSO. E quasi ci riesce, pure. Quasi.
Come quasi ci riesce Mia in Californication, che ruba il libro di Hank e dice le stesse parole. Non voglio lavorare, voglio quello che hai tu. Ma non durerà, la avverte Hank.

Mia: I never intended to be famous, but I do like being the center of attention. It feels just like I thought it would. Totally fucking great.
Hank: But it's gonna go away.

Ecco. Sta tutto in quel VOGLIO QUELLO CHE HAI TU. È lì l'errore, me ne sto convincendo. L'errore bellissimo e commuovente di un'intera generazione. La mia. L'errore supremo che ci fa cadere come solo noi sappiamo. Il problema non è che non possiamo raggiungere quello che vogliamo. Il problema è che vogliamo le cose sbagliate.

Perché abbiamo visto solo quelle cose e non sappiamo cosa possiamo volere di diverso. Perché il mondo del passato (delle case editrici, dei magazines, dei libri e dei cd, delle riunioni con dieci persone del marketing che non capiscono un accidenti di niente), quel mondo sta crollando e non sappiamo cosa c'è dall'altra parte del muro. Perché ci hanno insegnato, perché ci mostrano costantemente che questo è quello che è giusto volere. La fama. La fama che hanno tutti gli altri tranne noi.
Ma quegli altri sono vecchi e vengono da un mondo che non è il nostro. Non più. E non ci riesci, ci puoi provare a diventare Syndey Prescott, ma non ci riesci, alla fine. Alla fine fallisci. E basta. Perché era una cazzata provarci sin dall'inizio.

E allora? Allora forse è venuto il momento di volere cose diverse. Per non fare la fine di Jill in Scream 4, per non fare la fine di Mia in Californication, ma nemmeno la fine di Justin Bieber o chi per lui. Basta. Cambiamo le regole del gioco. Cambiamo quello che vogliamo. E non saremo un remake, non saremo un sequel o un prequel, non saremo nemmeno un reboot. Saremo una cosa nuova. Che gli facciamo prendere la strizza alle palle a queste cariatidi che ci circondano.

lunedì 11 aprile 2011

Senza Palle I


Due cose, che sembrano non c'entrare ma c'entrano.
Questa è la prima, anche se l'ho scritta dopo. Qui sotto trovate la seconda.

Cartoons on the bay.
Ci sono andato sabato. Andata e ritorno. Non ho visto molta roba, ma tanto non è di questo che volevo parlare. C'è una terrazza bellissima all'Hotel Excelsior che dà sul mare e ti ci puoi sedere a prendere il sole. Un caffè costa 4 cazzo di euro, ma la cosa buona è che non devi prenderlo se non vuoi. Fosse sempre così la vita, sarebbe bello no?

Ho fatto un pranzo con Warren Spector. È stato bellissimo. Non perché Warren Spector è Warren Spector. Cioè, anche. Ha visto e fatto la storia del videogioco. E ha raccontato di quando giocava a Dungeons & Dragons con Bruce Sterling come Dungeon Master. E questo già bastava perché anche io come lui conservo le mie prime schede di D&D e dio solo sa quanto darei per tornare indietro. Forse è questo che facciamo. Cercare di tornare a quel momento in cui diventare un personaggio era diventarlo davvero.
Ma non è stato solo questo. Warren è intelligente e si applica. Nel senso che non è seduto, vuole di più. Warren ha una visione ed è disposto a perdere tutto per quella visione. E quando ci parli, se ci parli come ci ho parlato io, non puoi non sentire questa cosa anche un po' tua.

Poi.
Poi vai alla premiazione di Cartoons on the bay. E ci sono politici e dirigenti RAI lì. C'è Garimberti e c'è Marano. In prima fila con le guardie del corpo. E a un certo punto Garimberti sale e presenta un altro dirigente RAI. Uno che non mi ricordo il nome. Dice che è giovane, mica come dicono sempre della RAI che i dirigenti non sono giovani. Io non sono bravo a giudicare dall'aspetto, ma a detta dei miei vicini di sedia ne ha almeno 50 di primavere alle spalle il giovane. Ma non è questo. Il dirigente giovane dice una cosa in inglese. Tre parole in croce, pronunciate bene per carità di dio, però non era Shakespeare. Sta di fatto che il presidente della RAI dice, senza un filo di ironia, senza neanche la possibilità che fosse ironico il tono, dice una cosa tipo: visto? poi dicono che alla RAI siamo vecchi. I nostri dirigenti sono giovani e sanno persino l'inglese.

Ecco. La chiudo qui. Non credo che ci sia altro da dire. Noi lottiamo su un ring dove anche le corde sono truccate. Giochiamo a un gioco vecchio per spettatori vecchi.
Prima di tutto spegnete la TV. Per sempre. Io l'ho già fatto. Poi cominciamo a ideare un nuovo modo di parlarci. Un modo che ci faccia mangiare a noi che creiamo, che ci dia i soldi per farlo. Perché è un lavoro, non dimentichiamolo mai. Che sia anche un modo per dare a voi storie che non siano passate sotto le unghie di dinosauri del genere. Ci sono tanti modi ora, non so quale sia quello giusto. Ma ho la sensazione che non sia nessuno di quelli ora disponibili. Secondo me dobbiamo uccidere Batman prima che noi Robin possiamo davvero avere una chance. Con l'autoproduzione, la produzione di nicchia, l'ebook o qualsiasi altra cosa. O un giorno, inevitabilmente, ci ritroveremo anche noi su quel palco. E francamente non lo augurerei al mio peggior nemico.

Senza Palle II


Due cose, che sembrano non c'entrare niente.
Ma c'entrano eccome. Questa è la seconda, anche se l'ho scritta per prima. Tra poco qui sopra trovate la prima.

Boris, il film.
Partiamo con questo. Io sono un fan della serie TV. Anzi io adoro la serie TV. La venero. So le battute a memoria, so le scene a memoria, quasi tutte le scene voglio dire. Rido e sto male quando penso al monologo sulla locura.
Il film di Boris mi ha fatto schifo. Aspettate, non credo sia una mera questione di gusti. Perché ho avuto i conati di vomito alla fine e non erano, non potevano essere giustificati solo dal gusto. Boris, il film, non è neanche una brutta puntata della serie TV. Non è niente.
Anzi è peggio. Perché non è solo scritto male e girato male - il che già basterebbe. E non è solo il fatto che i personaggi agiscono a cazzo di cane, senza motivazione. Che lo stagista e Arianna si baciano senza alcun motivo nel finale, senza che ci sia progressione, come se niente fosse. Sia per chi non sa nulla sia per chi sa tutto, questo è un insulto. E non è solo quello che dice. A parte due battute felici, non fa ridere. E non è vero che Boris non deve far ridere. Boris DEVE far ridere come Fantozzi faceva ridere. Di un riso che poi a casa stai male da quanto ti ci vedi dentro. Che se non fa ridere non rifletti.

Ma non è neanche solo questo il problema.
Potrebbe essere il fatto che se non hai visto TUTTE le puntate di TUTTE e 3 le serie non capisci niente e ti perdi ogni riferimento. Allora che senso ha un film così?

Ma, di nuovo, non è questo. La cosa peggiore è che prendono per il culo il cinema senza saperlo fare. Finché affondi le mani nella melma TV perché vieni da quel mondo io lo sento che mi stai dicendo la verità. E rifletto. Rido e rifletto. Ma quanta supponenza e falsa ideologia c'è nel prendere in giro i direttori della fotografia che hanno bisogno di una luce perfetta per girare quando tu non sai fare neanche un campo lungo come dio comanda? Quanto è italiano (sì, come dice Stanis) ironizzare su quelli che si sono fatti il culo per imparare un mestiere quando tu non hai mai nemmeno provato a farlo? Fare Tv e fare cinema sono come fare il pilota di formula 1 e di motoGP. Non è impossibile passare da uno all'altro, è comunque velocità, ma diavolo se è difficile riuscirci.

Ma la cosa peggiore forse non è neanche questa. Forse il problema è che Boris, il film, prova malamente a ripetere il senso dell'ultima puntata della terza serie. Quando René decide che si è rotto le palle di provare a fare Medical Dimension, che è tutto inutile. È meglio la merda, perché solo questo si può fare in Italia. La merda. Ma nel film non è la stessa cosa. Nel film René rinuncia a fare qualcosa di bello non perché è impossibile in Italia - da qui la critica e la follia ironica della locura. No, René rinuncia perché boh, perché costa un sacco di fatica, perché è un casino e ci vuole pazienza e sei partito già male e quelli che fanno cinema c'hanno la puzza sotto il naso. Un po' poco, no?

Ma, ora la pianto, anche questa non è la cosa peggiore. La cosa peggiore per me è un'altra. Che ha a che fare con l'essere onesti con se stessi e con quello che stai facendo. Ha a che fare con l'avere le palle.
Il cinema italiano, così come molte altre cose, sta andando male. Non c'è spazio, non ci si riesce a farsi vedere in nessun modo. A meno che non lo succhi a qualche ministro o sei figlio, parente stretto di un qualche nome del cinema del passato. O sei ricco - essere ricchi è sempre un'opzione valida. Ma proprio perché è così, una volta che ci riesci ad avere un'occasione tu fai una schifezza del genere? Ma allora c'hanno ragione a dare i soldi ai cinepanettoni. C'hanno ragione sì.
Ecco, questa è la cosa peggiore. Questo aver sprecato tutto, con un colpo di coda misero e riuscito male. Con un film che è fatto male e per questo non arriva a nessuno. E che in realtà non ci prova mai, nemmeno per un secondo ad arrivare. Scusate se sono così furioso, non è che mi aspettavo di più da Boris, il film. È che mi aspettavo di più da un film che non è un cinepanettone. Tutto qui.

Poi vabbé, a un sacco di gente è piaciuto e io resto allibito ogni volta che ne leggo o sento parlare bene. Ma davvero vi è piaciuto? Ma com'è possibile? Ma secondo voi il problema dei cinepanettoni è che fanno le scoregge? Secondo voi è davvero solo per quello che la gente ride? Forse sono io che sto diventando intollerante. Ma, fidatevi, è davvero da un'altra parte il problema.

mercoledì 16 marzo 2011

Fai il persiano


Notte strana questa,
notte di pianti e di alcool. Di gente che beve.

C'è lei che piange perché ha perso la voce, la voce di un suo amico non ci sarà mai più. È morto un suo amico e lei pensa, sa che la sua voce non dirà più nulla, nulla di nuovo cioè. Io non so se è la voce che non c'è più che mi colpisce; quello che mi fa male, malissimo da non riuscire a dire quando perdo qualcuno è che quella persona diventa un vuoto enorme e grande che avvolge tutto e tutti, prima o poi.
Ma c'è anche che le persone, un po', se sei fortunato, restano in te. In un modo che illumina le cose.

Fuori piove, piove tantissimo stanotte. Come quando piangi e non riesci a smettere. O bevi perché tanto non lo senti più.

È una notte strana perché c'è anche lei, un'altra lei, che piange. È perché non vede, in qualche modo è colpa anche di lui, non riesce a vedere quanto è meravigliosa. Quanto è e potrebbe esserlo più di tutti.
E anche lei beve. Ma per dormire, dice, perché domani passa tutto.

Poi penso. Sono successe mille cose. Tra le altre, tra le mille, questa. Che l'ha già detta Makkox ed è difficile ripeterla, impossibile meglio, ma. Mi sento stanco. Mi sento che sono davvero, davvero stanco. Di lottare dico. Ci hanno fiaccato. Sono riusciti a rendere la nostra lotta inutile. Non la vittoria, il fatto proprio di lottare. Perché alla fine ovunque ti giri ci sono persone che lavorano perché gli viene dato uno stipendio, ma non gliene frega niente di quello che fanno. Generalista? Populista? Sì, forse, ma ultimamente ne incontro uno/a tutti i santissimi giorni del Signore di questi prodotti inutili di Dio. Io dico, ma come fai a fare una cosa che non vuoi e a farla male, TUTTI I GIORNI, e mandare in vacca un Paese intero? Come fai a guardarti la notte, allo specchio, quando per caso ci passi davanti perché sei andato a fare la pipì? Che quello è il momento della verità, come ha detto qualcuno.

Ci hanno fiaccato. Perché vogliamo entrare nel loro mondo. Invece di correre, di costruire un ponte con il futuro (sembrano parole stupide, ma voi ci riuscite a fare un ponte con il futuro? cioé non a buttarvici dentro, né a far finta che non ci sia un futuro, ma a farci un ponte? Io non lo so se sono capace ma vorrei provarci) insomma invece di volere quel cazzo di ponte vogliamo starcene nel passato. Vogliamo il contratto di lavoro (e chi dice nulla, è giusto), vogliamo essere i capi che ci hanno vessato fino a ieri (passare dalla parte del vincente, pensate all'ultima scena amara, amarissima e italiana fino al fottuto midollo in cui vediamo il commissario Scialoja in Romanzo Criminale), vogliamo fare i giornalisti sui magazine che non sopportiamo (perché diciamoci la verità i magazine parlano a della gente che non esiste) e vogliamo essere gli scrittori di successo di un romanzo di genere vecchio, vecchissimo.

Perché invece non facciamo un bel ponte e salviamo il passato dalla perdita e il futuro da una figura imbarazzante? Voglio un ponte dove metterci le cose belle, che sono tutto il contrario dell'essere arresi e fiacchi, un ponte che porti verso l'ipad e l'ebook e tutto quello che volete ma non si fermi lì (che sono MEZZI per favore non scordatevelo, mica sono contenuti - è come se tutta un'epoca avesse perso la testa per una pergamena di 3 grammi meno spessa delle altre, cioé grazie che la devo portare sulle scale dell'abbazia e c'ho il mal di schiena, ma anche sticazzi andava bene pure prima - mi sembra che come improvement non ci siamo se non per una quantità di spazio, e mi fa ridere tutto sto casino perché hanno inventato una roba dove ci stanno tanti libri nel posto che prima ne occupava uno - di nuovo, bravo ma adesso andiamo avanti, inventa qualcosa di nuovo, dai). Scusate non ho bevuto ma deliro lo stesso. Riassumo il controllo di me, nonostante l'assenza di sonno (che toglie a un uomo le sue facoltà, vero JD?).

Il fatto è che prima di arrendermi del tutto e del non voler più reagire vorrei provare a farlo sto ponte. Che non sia per i ricchi e i raccomandati, che non sia per chi ti fa pagare il canone rai anche se non hai la TV e ti costringe a lottare come un cane senza una zampa contro un branco di bisonti incazzati per evitare di farlo, che non sia per un Paese dove i soldi della Grante Rete Internet vengono dirottati sulle TV del presidente del consiglio, che non sia per un Paese dove la gente prima cerca di fregarti poi si alza la mattina, che non sia per la gente stupida, non tutta almeno, che non sia per le storie brutte, per nessuna storia brutta, e che non sia per chi imbroglia, mai, per il freghino meschino che vuole solo una briciola. Se ragioni in briciole avrai solo briciole. E soprattutto che non sia per un popolo senza dignità, che si fa prendere per il culo perché speriamo tutti di avere un pezzo di quella briciola. Un pezzo di briciola? E andiamo, cazzo. Su.
Io lo so che le mamme che spingono le figlie a farsi il potente di turno ci sono sempre state, non sono un illuso, sono un realista. Ma so anche che non voglio più gente fiacca. E ci provano a fiaccarmi, Dio solo sa quanto sia facile per loro riuscirci. Ma no. Fottetevi, no.

Quindi? Quindi è una notte strana, quindi i vecchi metodi da casa editrice (per parlare di ciò che conosco - Mark Twain sei fiero di me?) sono vecchi e sono con voi, abbattiamoli. Cambiamo questo modo di fare letteratura/riviste/fumetti che, mi sembra sia sotto gli occhi di tutti, culturalmente ha fallito sotto tutti i punti di vista. Ma col cazzo che vi faccio creare un mondo di ipad e iphone e TV senza contenuto. Quello non me lo togliete, quello dovete uccidermi - e uccidere tutti gli altri - per riuscirci.

Sarà la pioggia. Ma vi siete mai chiesti una cosa? Di tutti i mezzi e gli accessori che abbiamo creato ce n'è uno - uno non semplicissimo come il cucchiaio o la ruota, uno meccanico - che non è mai cambiato. Che da più o meno 3000 anni è sempre lo stesso. Identico. Scomodo e comodissimo. E semplice e irrinunciabile. Quale? L'ombrello.
Sì, l'ombrello, questo bellissimo oggetto senza senso che non siamo capaci di migliorare. Cioè un giorno un tizio - presumibilmente un persiano - un mattino di migliaia di anni fa si è alzato e ha inventato una roba che manco Steve Jobs è capace di migliorare oggi. Sì, ok, ci abbiamo messo le molle e il pulsante, ma alla fine sempre quello è. Un bastone con in cima un tessuto teso che protegge dalla pioggia. Tutto qui? Tutto qui. Un diavolo di ombrello.
Pazzesco, no? Ma è rinfrancante, in un certo senso. Come se questo vortice fosse amministrabile, come se il ponte fosse lì, solo non riusciamo a vederlo per ora - ma se ci proviamo sì. Come nella scena delle tre prove di Indiana Jones e l'Ultima Crociata. Basta un balzo della fede.

Ecco, piove. E io penso all'ombrello. Ma un po' è pensare alla voce di tutte le persone che perdi, all'ebook che si mangia i libri ma in fondo i libri sono sempre lì. Se li vuoi leggere e se li vuoi scrivere. Tutto quello cui devi pensare è che se stai facendo una cosa, come un ombrello per esempio, fallo bene. Impegnati. Di più. Al meglio. Dai il meglio di te stesso. C'è il caso che ci debbano stare tremila anni di generazioni di persone sotto il tuo ombrello. E chissà quanti ancora dopo. Pensaci. Non buttarlo via quel progetto. Non farti fiaccare. Fai il persiano.

sabato 12 febbraio 2011

Sono Ancora Qui





Torno presto, promesso. È che ho scritto in questi mesi, tanto. E ho avuto un milione di cose da dire, ma che non riuscivo a dire. E così ho scritto ancora di più. E ho letto. E ho visto film. Per ora vi consiglio QUESTO. Siate felici, dice Bianco. Siate felici, dico io.
Spaccate teste, ribellatevi alla piaggeria, ribellatevi alla freddezza e all'opportunismo. Qualsiasi cosa facciate. Che siate panettieri, tramvieri o scrittori della Settimana Enigmistica. Ribellatevi alla stupidità e combattete la nullità delle persone. Ma non diventate il Minotauro, per favore. Mai. Non diventate il Minotauro, pensate a Bianco.

C'è tanto da dire, sì lo so. Lo sto scrivendo. Poi ne metto dei pezzi qui. E torno a parlare con voi.